I rendimenti vicino allo zero prezzano i titoli ad Alto Rating con valori enormi.
Un rialzo dei tassi, inevitabile, deprezzerà di colpo la loro quotazione, e per i fondi comuni obbligazionari con questo sottostante andrà anche peggio....
Bond ad alto rating? Liberatevene e Riparliamone nel 2026.
Le nubi all’orizzonte sul mondo delle obbligazioni ad alto rating si addensano sempre di più. L’unico impedimento ad un crollo dei prezzi di questi beni considerati rifugio è tutto nell’enorme debito pubblico in circolazione sia in Europa che, marginalmente, negli USA, il quale spinge le banche centrali a non voler far rialzare i tassi per non rendere de facto quasi inesigibili i titoli che verranno emessi in futuro dagli stati dell’unione e degli USA.
L’inflazione però, al di là delle parole di forma dei due Presidenti delle banche centrali, sta iniziando non solo a correre ma accelera sempre di più: le motivazioni, molteplici, e che non voglio qui analizzare per motivi di tempo (pronto per chiunque chieda approfondimenti in questo senso a rispondervi scrivendomi a consulenza@goffredotripi.it) portano necessariamente ad un rialzo dei tassi e, nel mentre questo non accade, l’inflazione continuerà a salire, erodendo potere di acquisto e spingendo i mercati reali verso una stagnazione che è il peggior incubo di un economista.
Mettiamo qualche paletto certo:
1) I tassi non potranno di sicuro scendere ed è anzi probabile che già dai primi del 2022 Gli USA per primi e l’UE successivamente, si muova verso un inevitabile rialzo dei tassi.
2) I mercati del debito, molto più sensibili e meno controllati dagli interessi delle banche centrali sono già con i tassi in ascesa, basti guardare come un mutuo a tasso fisso negli ultimi sei mesi abbia visto crescere il suo interesse dallo 0.75% all’1.05%.
3) I fondi comuni di investimento, come moltissimi risparmiatori, hanno nei loro portafogli Investment Grade soprattutto titoli a medio e lungo termine: la duration media (cioè la scadenza mediata dei titoli nei fondi di alto rating) va da 9.2 anni fino a 17.8 anni. Questa longevità adesso è solo un rischio. Se i tassi salgono, i valori di questi titoli scendono pesantemente, in correlazione percentuale della loro duration. Temo che anche molti risparmiatori abbiano ceduto ad acquisire emissioni di titoli di stato a 15 anni o a 30 anni per ottenere una cedola fissa che fosse un po’ più alta del 1%
4) La duration modificata di un titolo obbligazionario (che potrete trovare fra i dati offerti quotidianamente dal sole 24ore sui Bond) misura matematicamente l’incremento o la perdita in percentuale rispetto al prezzo attuale di quella obbligazione qualora il tasso di interesse ufficiale europeo (che al momento, vale la pena ricordarlo è del -0.,50%) scenda o cresca di un punto percentuale
5) A mero titolo di esempio, il BTP 1feb33 al 5,75%. Mentre sto scrivendo il suo valore di mercato è di 151,17, la sua duration modificata è pari al 8.85. Quindi, un rialzo dei tassi, decisamente possibile entro la fine del 2022 di 100 punti base, farà perdere valore al BTP sopra citato per ben 13.37 euro, facendo quotare non più a 151.17 ma a 137.79. Questa perdita in conto capitale avverrà equamente per tutti i titoli a tasso fisso ma, in particolare, colpirà proprio i titoli a rating maggiore.
Quindi, al momento, mantenere titoli di questo tipo nel portafoglio ha senso solo se si sono comprati all’emissione e si vuole godere da cassettista di tutte le cedole ancora da distribuire, senza preoccuparci della depauperazione del valore del titolo, poiché lo abbiamo comprato a 100 e a 100 ci verrà rimborsato. Per ogni altra situazione è invece una perdita sicura, scritta, vista, prevista e annunciata. Ancor peggio per chi detiene fondi di investimento di sole obbligazioni ad alto rating. Qui non esiste il rimborso a quota cento, ma la perdita della valorizzazione dei beni costituendi il fondo. Più la forbice dei tassi sale, più il vostro rendimento si affossa, due grafici che divergono, la famigerata “bocca del coccodrillo”, che si apre sempre di più a divorare risparmi.